Le origini antiche di questo strumento derivano sin dal XII secolo quando fu citata per la prima volta in Italia nel patto di alleanza tra Genova ed Alessandria, stipulato il 21 Febbraio 1181.
Regina delle armi, apparì sulle scene delle battaglie, al tramonto delle istituzioni feudali, superando per la sua potenza qualsiasi altro ordigno di guerra.
Con il passare del tempo la balestra venne poi utilizzata per la caccia al cinghiale ed all’orso, e quando le armi da fuoco la spodestarono definitivamente, questa sopravvisse come motivo ideale e nobile memoria delle glorie cittadine. La potenza di spinta della balestra oscilla dai 6 ai 15 quintali. Il peso varia a seconda della lunghezza e comunque oscilla sempre intorno ai 16Kg.
Da una trave di legno sagomata di noce nazionale stagionato, parte il lavoro di incastro per ottenere la struttura portante della balestra.
L’opera di precisione a scalpello deve conseguire l’incastro per le piastre, la leva di scatto, la scatola sede della noce e tutti gli altri elementi della balestra.
Una volta terminata la parte tecnica, il teniere viene nobilitato ed aggraziato da intagli che personalizzano l’oggetto sino a renderlo unico e prezioso.
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La piastra in acciacio C40 serve a contenere le tensioni e le sollecitazioni dell’arco sulla meccanica della balestra, ovvero scarica il legno dall’onere di sostenere la potenza dell’arco stesso.
La piastra superiore è elaborata in modo da contenere la “volata” della freccia e la sede della noce.
La piastra inferiore contiene la sede di innesto della leva di scatto.
L’incisione sulle piastre correda l’estetica parimenti all’intaglio del legno del teniere.
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Lo Spallaccio è un componente di ferro, fissato sul teniere, che si ripiega sulla spalla del tiratore.
Grazie a questo il balestriere potrà essere ancorato alla balestra e ben bloccato, determinandone una buona stabilità sul tiro.
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L’arco è la parte più importante della balestra, dalla sua perfezione dipende gran parte della precisione di tiro.
La lavorazione dell’arco comincia da un tondino d’acciaio armonico, attraverso la forgiatura al maglio si ottiene una barra grezza che dopo una rettifica assume la geometria definitiva.
Con la sagomatura l’arco viene incurvato e, dopo la saldatura degli occhielli per agganciare le corde, passa alla tempra ed alle successive lavorazioni. La corda, che può essere in canapa, lino o cotone ritorto, con un numero di fili proporzionale alla potenza dell’arco, è l’elemento che trasmette il moto alla verretta.
La corda viene girata circa 130 volte sull’arco
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La leva di scatto è tornita secondo l’estetica del teniere e ne segue la sagoma, essa vincola la noce, che alloggia nella scatola, attraverso un puntone che ne impedisce la rotazione della noce stessa quando la corda è in tensione; basti pensare che in 2.5mm di contatto supporta il carico di 14.5 quintali di spinta dell’arco.
La noce libera, cioè senza perno di rotazione, in bronzo all’alluminio, emerge parzialmente dalla piastra superiore ed alloggia sia la corda in tensione sia l’estremità (culatta) della freccia.
La leva di scatto nella sua parte terminale, è vincolata a sua volta al teniere per mezzo di un ponticello su cui è alloggiato un meccanismo di sicurezza, che ne delimita la corsa, al fine di evitare che accidentalmente la verretta parta quando, in fase di tiro, si trova posizionata sulla volata della piastra superiore.
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La staffa è un elemento in ferro che permette l’appoggio a terra, durante la fase di caricamento, e sul banco, al momento del tiro.
Esso è posto all’estremità anteriore della balestra e tiene ancorato l’arco al teniere attraverso un tirante
Il tirante è il collegamento in ferro tra la staffa, l’arco ed il teniere.
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La piastrina di tiro (padellino) e la diottra di mira sono gli elementi essenziali per il calcolo empirico dell’arco di parabola della freccia, indispensabile per il tiro tipico da “artiglieria” che contraddistingue la balestra antica all’italiana.
Il mirino unitamente alla piastrina di tiro (padellino), attraverso un foro di diametro massimo di 10mm praticato sulla diottra, consentono di prendere la mira attraverso la collimazione dei due punti sul bersaglio, posto a 36m di distanza
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Per mettere in tensione la corda della balestra è necessario uno strumento chiamato martinetto.
Esso è composto da un ingranaggio e da un’asta a cremagliera, e, tramite il movimento rotatorio di una manovella, solleva la corda fino alla noce che la vincola permettendo così di rimuovere il martinetto.
Per sollevare la corda il martinetto viene vincolato ad un punto fisso, poco distante dalla noce.
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Attraverso la perfezione della freccia (verretta) si realizza l’obiettivo del tiratore.
50 cm di legno di faggio stagionato, un cono cavo di acciaio C40 (puntale), 2 porzioni di penna ed un chiodo (mirino) fissato nel punto più largo della sua circonferenza (ogiva), sono i componenti della freccia.
La forma del legno è affusolata nella parte di punta e cilindrica nel fusto.
La verretta durante il volo compie un tragitto parabolico, ad una velocità compresa tra i 250 ed i 400 Km/h.
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Fin dal 1142 vi erano nel territorio pisano varie Compagnie di Balestrieri che avevano la consuetudine di ritrovarsi per l’addestramento nelle piazze della città anche in tempo di pace. Ciascuna di queste Compagnie aveva un proprio capitano, nominato dai reggenti della città, che aveva il compito di addestrare “nell’uso delle armi e nei tiri” i balestrieri come viene testimoniamo dalle seguenti fonti:
– Roncioni Ist. Pisane in arch storico ital. T. IV , p 1, p 373 – 1172: “per quanto si trova scritto nell’archivio di questa città, Pisa fu divisa in tante compagnie; ciascuna delle quali ogni anni si creava un capitano da pe sè avendo l’armi differente e la bandiera; ma mutnadosi il Capitano non si facevano nè arme nè bandiere nuove. Aveva cura chi le governava, nei bisogni di guerra, mettere insoeme i soldati della sua compagnia; della quale la repubblica, doppo, ne faceva scelta e se ne serviva nelle occorrenze sue. Al tempo della pace era tenuto il capitano insegnarli i precetti della milizia, addestrarli nel corso, nel tirare le balestre, i dardi, le lance le verghe serdesche ed altre armi da lanciare ed insomma, esercitarli in tutte le cose necessarie alla guerra.”
– Rubrica CL III del Breve del Comune di Pisa dell’anno 1286 troviamo scritto: “di giucare coll’arco e colla balestra” i Podesta’ ed i Capitani giurano di far pubblicare per la città che nessuno ardisca tirare d’arco d’arco o di balestra nè giucare ad altro giuoco qualunque nelle chiese di S. Maria (Primaziale) e di S. Giovanni (Battistero) nè in quelle circostanze ad una distanza minore di dieci pertiche; come pure di mandare in tutte le domeniche un milite ed alcuni berrovieri alle chiese predette ad investigare se ci fossero trasgressori, e procedere contro di essi.”
– Breve del Popolo e delle compagnie di Pisa, corretto nel 1313 con le aggiunte degli anni 1321 e 1322 traslato in latino volgare 1330. Bonaini statuti pisani, t. n. p. 623-624: “et che li dicti balestrieri, tutti et catuno di loro, sian tenuti et debbano, dipo’ l’assegnazione et monstra predicta, tutti li dì delle domeniche, ad richiesta et comandamento dei capitani loro delle decine, dandare ad balestrare alle poste (bersagli) intorno alle mura della città di Pisa, u ad altri solitari luoghi: ad pena da denari quattro insino in soldi due denari pisani, ad cadauno che non andasse, per catuna volta; che si debba tollerare dal capitano della sua s’elli non avesse legiptima scusa; la quale si debba approvare perlo suo capitano.”
La città di Pisa ha nella sua antica storia il primato di vedere realizzato il primo nucleo di balestrieri e nel 1381 venne costituita la prima compagnia organizzata, con uno specifico statuto e con proprie usanze regolamentate dal riconoscimento ufficiale delle autorità repubblicane dell’epoca: “A pietro Salimbeni senese, la seconda volta potestà di Pisa, successe Nino Carrocci da Todi ed a Taddeo Molci di di Parma, sommo capitano del popolo pisano, Iacopo Broccardi da Imola. Al tempo dei quali si fece lega, del mese di giugno con le città di Lombardia e di Toscana; e confermossi la vecchia che era d’ajutarsi scambievolmente l’una con l’altra: ed i Pisani si obbligarono tener pagati per ogni occasione cento cinquanta cavalli e dugento balestrieri.” (Archivio Storico Italiano N. 5 pag 931 – 1380/81 – Muratori RIS cronica di Pisa XV p. 1077. Provvisioni degli Anziani 6 ottobre 1381).
La Compagnia Balestrieri di Pisa APS è un centro permanente di vita associativa a carattere volontario e democratico nato nell’agosto 1977 grazie ad alcuni cultori delle tradizioni storiche pisane. Non persegue finalità di lucro e intende:
- a) sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tradizioni storiche e folkloristiche della città di Pisa;
- b) affermare il valore e l’importanza del gioco della balestra;
- c) favorire la partecipazione dei giovani per un loro inserimento nei compiti di balestrieri;
- d) contribuire alla creazione di una scuola per l’insegnamento del tiro della balestra;
- e) organizzare iniziative, attività culturali e turistiche ricreative atte a soddisfare l’esigenza di conoscenza, di svago e di riposo dei soci e dei cittadini.
Nel febbraio 1978 fu eletto il primo Consiglio Direttivo e quindi la Compagnia iniziò il suo cammino ufficiale. Nel 1984 iniziò incontri con le Compagnie di Terra del Sole ed Assisi che col tempo dettero vita ad un organismo nazionale di coordinamento che si concretizzò il 18 Ottobre 1986 quando, nel castello di Terra del Sole, fu solennemente sottoscritto, con rogito notarile, l’atto costitutivo della Lega Italiana di Tiro Alla Balestra (L.I.T.A.B.).
A partire dalla sua costituzione la Compagnia Balestrieri di Pisa APS è sempre stata attiva sul territorio partecipando e in alcuni casi organizzando rievocazioni storiche in piazze della città di Pisa, della provincia, del territorio nazionale e internazionale.
La Compagnia Balestrieri di Pisa APS è iscritta all’Albo delle Associazioni della Provincia di Pisa e all’Albo delle Associazioni e Manifestazioni di Rievocazione e Ricostruzione Storica della Regione Toscana.
Oltre ai balestrieri la Compagnia ha nel suo organico alfieri sbandieratori, tamburini e figuranti (dame, cavalieri, armati e dignitari) che accrescono il prestigio della Compagnia stessa che presenta così una sintesi dello spaccato storico della città.
Sono entrata a far parte della Compagnia Balestrieri di Pisa nel settembre del 1996 come figurante. Dopo pochi mesi ho iniziato a fare il tamburino e ho ricoperto la carica di responsabile del gruppo fino al 2009, anno in cui sono stata nominata Presidente della Compagnia Balestrieri di Pisa e ancora oggi, ricopro con orgoglio questa carica. Nel 2006 ho iniziato anche a tirare con la balestra.
Vice Presidente della Compagnia.
Segretario e Responsabile dei Costumi.
Tesoriere in carica e Maestro D’Arme.
Consigliere.
Consigliere e Responsabile dei Figuranti.
Consigliere.
Responsabile Tamburini.
Responsabile Sbandieratori.
Social Media Manager.
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